Processo penale a carico di Angioni Maria, in nome del popolo italiano, il Tribunale di Marsala in composizione monocratica dichiara Angioni Maria del reato alla stessa ascritto, e la condanna alla pena di anni uno di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
Visto l'articolo 163 del Codice Penale, sospende la pena sopra inflitta, fissa in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione.
Visto l'articolo 163 del Codice Penale, sospende la pena sopra inflitta, fissa in giorni 90 il termine per il deposito della motivazione.
A dare lettura del dispositivo della sentenza è stata la giudice monocratica Giuseppina Montericcio durante il corso dell'udienza che è stata celebrata oggi 22 dicembre 2022 nell'aula Borsellino del Tribunale di Marsala: è stata accolta la tesi della Procura di Marsala che contestava all’ex collega di aver fabbricato un castello di menzogne sul rapimento di Denise Pipitone, la bimba mazarese di poco meno di quattro anni scomparsa il primo settembre 2004 mentre giocava nei pressi dell'abitazione della nonna materna nella quale non ha più fatto ritorno e tuttora non si conoscono quali siano state le sue sorti. La Angioni è stata titolare di un fascicolo delle indagini sulla scomparsa dal 28 settembre 2004 al maggio 2005.
Angioni ha mostrato assoluto spregio della Giustizia, ha ingannato il pubblico ministero ed il giudice tutte le volte in cui ha preso la parola; ha presentato confusi documenti tanto sovrabbondanti quanto irrilevanti; ha mantenuto un comportamento ostinatamente calunnioso anche dopo la commissione del reato, infangando nei media la Polizia nei Mazara del Vallo, aveva detto il P.M. Roberto Piscitello durante il corso della requisitoria.
Tanto ha fatto, continua, per tenere lontana da tutti l'idea che Denise Pipitone non sia stata trovata e i colpevoli assicurati alla giustizia, per incapacità a lei attribuibili. Circostanza questa che denota la rilevante intensità del dolo. Da magistrato ha ritenuto di potersi muovere tra cavilli ed interpretazioni, suggestionando l'interlocutore a ritenere che potesse essere incorsa in un cattivo ricordo, in quanto tale incompatibile con l'elemento soggettivo del dolo richiesto dalla norma incriminatrice.
Angioni ha mostrato assoluto spregio della Giustizia, ha ingannato il pubblico ministero ed il giudice tutte le volte in cui ha preso la parola; ha presentato confusi documenti tanto sovrabbondanti quanto irrilevanti; ha mantenuto un comportamento ostinatamente calunnioso anche dopo la commissione del reato, infangando nei media la Polizia nei Mazara del Vallo, aveva detto il P.M. Roberto Piscitello durante il corso della requisitoria.
Tanto ha fatto, continua, per tenere lontana da tutti l'idea che Denise Pipitone non sia stata trovata e i colpevoli assicurati alla giustizia, per incapacità a lei attribuibili. Circostanza questa che denota la rilevante intensità del dolo. Da magistrato ha ritenuto di potersi muovere tra cavilli ed interpretazioni, suggestionando l'interlocutore a ritenere che potesse essere incorsa in un cattivo ricordo, in quanto tale incompatibile con l'elemento soggettivo del dolo richiesto dalla norma incriminatrice.
Frottole, le ha definite il Pubblico Ministero le rivelazioni fatte in diretta tv per mesi, ritenute farneticanti, e ha definito la Angioni una star televisiva e ha smentito, sulla base degli accertamenti fatti, le ricostruzioni della collega.
La Angioni era stata rinviata a giudizio per false dichiarazioni ai P.M., i fatti contestati erano stati tre:
Il primo fatto riguarda la disattivazione di una telecamera che, a dire della Angioni, avrebbe potuto portare elementi utili alle indagini sulla scomparsa della bambina e che sarebbe stata decisa dalla polizia a sua insaputa. Gli inquirenti scoprivano però che in realtà la telecamera era stata attivata, per la prima volta, su espressa richiesta della polizia e che sarebbe stata disattivata su decisione della Procura, ufficio dell’Angioni, nel 2005.
Il secondo fatto riguarda l’accusa di fughe di notizie lanciata Da Angioni che ha raccontato che avrebbe deciso di sottrarre l'ascolto delle intercettazioni agli agenti del commissariato di Mazara perché non si fidava di loro avendo scoperto che alcuni indagati erano informati degli sviluppi dell’inchiesta. Tutavia, dalle indagini è venuto fuori invece che proprio la Angioni restituì alla polizia l’incarico di ascoltare le intercettazioni, condotta poco coerente, secondo l’accusa, con la scoperta di fughe di notizie.
Il terzo fatto riguarda le dichiarazioni sull'ex dirigente del commissariato di Marsala Antonio Sfameni che, a dire dell’imputata, sarebbe stato indagato per anomalie nell’inchiesta su Denise: circostanza, anche questa, smentita.
Il primo fatto riguarda la disattivazione di una telecamera che, a dire della Angioni, avrebbe potuto portare elementi utili alle indagini sulla scomparsa della bambina e che sarebbe stata decisa dalla polizia a sua insaputa. Gli inquirenti scoprivano però che in realtà la telecamera era stata attivata, per la prima volta, su espressa richiesta della polizia e che sarebbe stata disattivata su decisione della Procura, ufficio dell’Angioni, nel 2005.
Il secondo fatto riguarda l’accusa di fughe di notizie lanciata Da Angioni che ha raccontato che avrebbe deciso di sottrarre l'ascolto delle intercettazioni agli agenti del commissariato di Mazara perché non si fidava di loro avendo scoperto che alcuni indagati erano informati degli sviluppi dell’inchiesta. Tutavia, dalle indagini è venuto fuori invece che proprio la Angioni restituì alla polizia l’incarico di ascoltare le intercettazioni, condotta poco coerente, secondo l’accusa, con la scoperta di fughe di notizie.
Il terzo fatto riguarda le dichiarazioni sull'ex dirigente del commissariato di Marsala Antonio Sfameni che, a dire dell’imputata, sarebbe stato indagato per anomalie nell’inchiesta su Denise: circostanza, anche questa, smentita.
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